Festa: rumori, afrori profani di cibo e fiori ed essenze sacre di olibano e kyphi, inondano ancora le strade di una città esultante di una gloria che credeva relegata ai fasti del passato. Cittadini, di luoghi e lingue diverse del Mediterraneo, sono ancora inebriati dei festeggiamenti del Trionfo, che fin dal mattino, è stato tributato al condottiero Marco Antonio, per aver conquistato l’Armenia ed averne portato, in catene, la famiglia reale ai piedi della regina Cleopatra.
Nonostante il Sole sia già calato da molte ore, piccoli gruppi di popolani ebbri girano ancora per le strade, cantando a viva voce gli inni della vittoria che hanno tributato al mattino al guerriero che, indossati i panni di Bacco, aveva reso omaggio alla regina, vestita dei sacri abiti di Iside. Tuttavia nessuno nota il nutrito gruppo di persone che, con discrezione, si riunisce fuori delle mura del Serapeo, per poi entrarvi e scendere la scala che conduce ad una sala ipostila. Sono 17 soldati delle legioni di Roma e 17 dell’esercito egiziano, gli uomini che si ritrovano all’interno della sala, con le essenze sacre che li avvolgono e le luci delle torce che illuminano la Coppia Sacra che, sul fondo della sala, li attende: la metà romana saluta in loro Bacco e Venere, quella egiziana si prostra davanti a coloro che riconosce come Osiride e Iside.
«Fratelli» esordisce Antonio «siete stati convocati qui, non solo nelle vesti di quei vittoriosi soldati che siete, ma anche in quelle di valenti artigiani. Ciascuno di voi è maestro della propria arte, coltivata anche attraverso le conoscenze acquisite nelle spedizioni militari cui avete partecipato ed è alla disciplina dei soldati ed alla maestria degli artigiani, unite in voi, che noi ora ci rivolgiamo.»
«Tutto ciò che l’Arte costruisce» prosegue Cleopatra «la guerra distrugge. Ma ciò che viene distrutto può essere ricostruito e reso più solido e durevole. Ecco ciò che chiediamo a voi: unite le vostre competenze, approfonditele attraverso lo studio dei testi che troverete nelle Biblioteca sopra di noi, diventate un corpo scelto di soldati che, anziché distruzione e morte, rechi con sé creazione e vita, attraverso i luoghi e i popoli che si troverà a conoscere.»
«Ufficialmente» aggiunge Antonio «continuerete ad essere soldati delle truppe romane ed egiziane, portando avanti il vostro lavoro nel silenzio dell’anonimato, fino a quando i nostri eserciti saranno composti esclusivamente di soldati come voi, che porteranno la saggezza dell’Egitto e la civiltà di Roma in tutti i luoghi del mondo conosciuto.»
«Questo, figli, è quanto vi chiediamo di compiere.» conclude Cleopatra «Accettate, dunque, di compiere il destino che vi si prospetta?»
Anzio, 2 settembre 31 a.C.
La battaglia navale volge ormai al termine, le sorti sono state favorevoli alla flotta e alle truppe di Roma, guidate dal giovane Cesare Ottaviano, che hanno già distrutto o conquistato più di quattrocento navi della flotta avversaria. Due navi, però, si allontanano furtivamente dalla battaglia che infuria: sono quelle comandate da Marco Antonio e da Cleopatra che, dopo aver sbarcato in luoghi sicuri gli augusti personaggi, spariscono nel nulla, insieme con i trentaquattro uomini dell’equipaggio. Moratores sono stati definiti: disertori.
Ma ciascuno di loro, sebbene soffra per l’ignominia di quell’appellativo, sa che non ha abbandonato i propri compagni durante la battaglia. Ciascuno di loro ha soltanto compreso che quel modo di dare battaglia va a beneficio soltanto di pochi e vogliono ora combattere scontri che vadano ad esclusivo beneficio di tutti.
Decidono, perciò, di modificare quell’appellativo e di chiamarsi tra loro Muratores: da quel momento in poi saranno costruttori, 17 Muratori romani e 17 Muratori egiziani che gireranno il mondo donando ad esso la conoscenza accumulata nelle rispettive arti, formando nuovi costruttori e portando nuovo soffio vitale lì dove la guerra, con le armi e senza, ha sparso i miasmi della distruzione. (G. Zimmermann)
Oggi, Muratori 1717 accoglie in sé lo spirito che animò quegli antichi Maestri artigiani e ne fa proprio il compito, scegliendo di produrre Umanità attraverso le mani che producono Arte.